International Paint&Coating Magazine
N. 7 – 2015 MAY

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SABAF

Componenti per cottura gas più sicuri grazie alla tecnologia di lavaggio ad alcoli modificati

Nel periodo economico che stiamo attraversando, investire nell’“intangibile”, cioè nell’immaterialità del capitale intellettuale e delle competenze tecniche professionali, potrebbe sembrare un controsenso: le aziende oggi richiedono soluzioni immediate per risolvere le criticità produttive che vivono nella loro quotidianità. L’idea di investire su progetti la cui realizzazione potrebbe avvenire a lungo termine è difficilmente contemplata.
Ci spiega come questo atteggiamento possa risultare un fardello, più che un atteggiamento oculato, Massimo Dora, direttore tecnico presso la Sabaf di Ospitaletto (BS). “La nostra azienda produce da oltre sessant’anni componenti per apparecchi domestici per la cottura a gas: la sua storia di successo dimostra come l’avere nel proprio DNA la predisposizione intellettuale all’innovazione sia la chiave per affrontare tutte le sfide presentate dalle trasformazioni del mercato. Ma questo non è sufficiente: bisogna anche essere in grado di riconoscere la qualità dell’innovazione tecnologica non solo nel prodotto realizzato ma anche in quello offerto. Esattamente quello che abbiamo visto in IFP, azienda di Cittadella (PD), fornitrice delle nostre macchine di lavaggio”.

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Un cambio di produzione vincente

Dal 1950 Sabaf è specializzata nella produzione di rubinetti, termostati e bruciatori gas. Dal 2002 ha ampliato la propria sede produttiva, trasferendosi a Ospitaletto, in provincia di Brescia, e occupando una superficie di circa 100.000 mq.
Le origini dell’azienda, oggi leader a livello mondiale, risalgono all’immediato dopoguerra quando Giuseppe Saleri fonda Sabaf a Lumezzane (BS), insieme al padre ed ai fratelli, per produrre rubinetteria in ottone inizialmente destinata al settore agricolo. Per circa 20 anni, il core business della società bresciana resta immutato e trova particolare sbocco nel settore degli elettrodomestici che, a partire dagli anni Sessanta, avrà sempre maggiore sviluppo. Inizia in questa fase la specializzazione in rubinetti per la cottura a gas ed è sempre in questo periodo che Sabaf decide di investire in una nuova linea di prodotto: il bruciatore gas, arrivando a progettare e brevettare il prodotto con un sistema Venturi radiale. Questa innovazione sarà destinata a rivoluzionare l’intero mercato della cottura domestica mondiale, consentendo la sensibile riduzione della profondità degli apparecchi di cottura e quindi la diffusione capillare dei piani da incasso. La produzione dei bruciatori passa da 5 a 30 milioni l’anno in poco più di 5 anni, trasformando la piccola azienda famigliare in una grande società strutturata a livello mondiale.
“La crescita è stata talmente veloce che i nostri fornitori non riuscivano a mantenere il passo né per quanto riguarda i volumi produttivi, né per la qualità del prodotto – conferma Dora – è stato in quel momento che abbiamo deciso di internalizzare tutte le fasi della nostra produzione, con un metodo di integrazione verticale che ci ha portato a produrre internamente anche i macchinari necessari alla lavorazione e all’assemblaggio dei nostri prodotti, ottenendo così la massima ottimizzazione in entrambi i processi”.
Le operazioni di insourcing sono avvenute in modo graduale: Sabaf ha dapprima internalizzato la pressofusione, poi lo stampaggio dei coperchi per i bruciatori, infine le operazioni di smaltatura degli stessi.

Esportare un’idea, non un semplice prodotto

“Il mercato in cui lavoriamo – precisa Dora – è talmente maturo da essere ormai saturo. Il bruciatore standard è diventato una commodity: siamo stati i primi a realizzarlo e oggi è presente in tutte le case del mondo, dalla Cina al Cile, passando per gli Stati Uniti. Si tratta di una tecnologia molto semplice, ormai copiata da tutti. Oggi, la nostra bravura sta nel saper sviluppare questo prodotto rendendolo innovativo e flessibile, come richiede il cliente, e mantenendo un prezzo concorrenziale.
Siamo particolarmente interessati ai Paesi emergenti: siamo presenti in Brasile dal 2001, in Turchia dal 2012 e in Cina da quest’anno. Questi mercati non esprimono ancora una reale consapevolezza del valore qualitativo del pezzo ma esclusivamente un’attenzione al costo. Siamo convinti che la strategia vincente sia quella di esportare il nostro modello industriale adeguandoci al contesto territoriale in cui dobbiamo inserirci e facendo leva sull’aspetto qualitativo e tecnico del prodotto, che risulta comunque competitivo anche dal punto di vista economico”.
Per quanto riguarda il settore della rubinetteria il discorso è diverso perché “la concorrenza è ancora distante per cultura, capacità progettuale, per la visione di un prodotto che sia davvero semplice da realizzare, essenziale, facile da assemblare e, ancora, per la ricerca della qualità”, commenta Dora

L’arte di saper progettare e innovare

Uno degli elementi che contraddistinguono Sabaf, rendendola unica nel mercato di nicchia in cui opera, è lo sviluppo di una capacità progettuale tale da consentire l’ideazione e la realizzazione autonoma delle macchine di lavorazione e assemblaggio dei prodotti.
“Questa capacità – continua Dora – rappresenta per noi un grande vantaggio, perché siamo in grado di conoscere la tecnologia che andiamo ad utilizzare nelle sue caratteristiche più profonde: possiamo trasformare i nostri macchinari a seconda delle esigenze ed essere al contempo puntuali nell’efficienza produttiva. E’ anche ciò che ci ha permesso di accettare una sfida che tutti avrebbero ritenuto difficilmente superabile: 10 anni fa abbiamo deciso di riprogettare l’intera gamma dei nostri rubinetti. E ci siamo chiesti se non fosse il caso di sostituire anche il materiale di cui erano costituiti: siamo così passati dall’ottone all’alluminio. Ciò ha significato la conversione di tutti i macchinari adibiti a questa produzione. Oggi realizziamo tutti i nostri rubinetti in alluminio e abbiamo creato un altro standard per il mercato. Non senza difficoltà: la lavorazione dell’alluminio è sicuramente più complessa rispetto a quella dell’ottone, ma è una sfida che non ci spaventa. I risultati sono ottimali e i nostri prodotti sono apprezzati a livello mondiale e questo anche grazie ai partner che abbiamo selezionato nei settori dove per noi non era possibile progettare macchine ad hoc, come quello del lavaggio”.

Doppia linea di prodotto ma un’unica soluzione di lavaggio

5 anni fa lo staff tecnico di Sabaf ha iniziato ad interrogarsi sulla migliore tecnologia di lavaggio da integrare nel proprio processo produttivo. “Le normative sull’utilizzo di solventi, che impiegavamo nelle operazioni di lavaggio dei rubinetti, stavano diventando sempre più pressanti. Contemporaneamente la vocazione aziendale era quella di mantenere un basso impatto ambientale nei processi produttivi. Dovevamo trovare velocemente un’alternativa che fosse ecologica e convincente per il settore rubinetteria, dove l’obiettivo è la pulizia assoluta: l’assenza di contaminazione residua sulla superficie del pezzo, infatti, è determinante per garantire un prodotto sicuro, senza perdite di gas. Per due anni abbiamo testato soluzioni a base acqua, senza ottenere risultati che ci soddisfacessero e che fossero riproducibili. Abbiamo così iniziato a valutare la tecnologia di lavaggio con alcoli modificati e la macchina proposta da IFP ci è piaciuta subito: il nostro “istinto progettuale” ha percepito che si tratta di una macchina concepita e costruita per essere una “lavametalli” e non un’apparecchiatura nata per un utilizzo diverso e poi riadattata a questa destinazione d’uso”.
“L’impianto IFP è stato installato in Sabaf alla fine del 2013 e subito abbiamo pensato che fosse la tecnologia ideale da applicare anche al lavaggio dei componenti per bruciatori, per i quali fino ad allora avevamo utilizzato macchine ad acqua per una pulizia meno spinta. La parte di bruciatore che laviamo è la coppa realizzata in alluminio pressofuso e caratterizzata da numerosi fori ciechi, in cui permane l’unto e il truciolo. La nuova macchina garantisce una qualità di lavaggio superiore a quella che ottenevamo con il percloroetilene ed ha costi di gestione infinitamente più bassi”.
Gradatamente Sabaf sta sostituendo tutto il parco delle macchine di lavaggio presenti in stabilimento con impianti ad alcoli modificati IFP: attualmente ne possiede 4 e altri 2 saranno installati entro la fine dell’anno mentre un ulteriore impianto sarà destinato all’unità produttiva in Brasile.

Il lavaggio dei componenti

Tutte le macchine di produzione Sabaf utilizzano olio minerale intero: il lavaggio dei pezzi è complicato dall’inquinamento derivante da questa sostanza e dai trucioli che restano aggrappati sulla superficie.
Prima della fase di lavaggio i pezzi sono posizionati alla rinfusa in apposite cassette: non c’è alcun rischio di ammaccatura perché si tratta di componenti progettati e realizzati in materiale resistente, proprio per evitarne il danneggiamento durante le fasi produttive.
Il ciclo di lavaggio ha una durata di 12 minuti e prevede un primo lavaggio con vapori di solvente e la successiva immersione delle cassette nel liquido di lavaggio. Carico e scarico sono entrambi automatici.
Il primo impianto IFP installato era dotato di quattro filtri, dal momento che la produzione prevedeva l’utilizzo di due materiali diversi: alluminio e ottone, oggi lavorati in rapporto di 80 a 20. La macchina di lavaggio IFP distilla sottovuoto l’alcol modificato al 100%. Il risultato di questa distillazione è il completo riutilizzo in produzione sia dell’olio rimosso dai pezzi che dell’alcol modificato di lavaggio.
“La nostra capacità produttiva è pari a 25 milioni di rubinetti e 30 milioni di bruciatori all’anno realizzati in 2 turni lavorativi giornalieri per 220-240 giorni all’anno e, pur mantenendo questi volumi, il nostro consumo di alcol è molto basso, pari a 100 kg/anno”, dichiara Massimo Dora. “Essendo nella nostra natura, abbiamo anche dato un contributo progettuale alla macchina IFP: il sistema di carico è stato modificato in modo che le cassette in uscita dalla macchina non tocchino mai le rulliere di carico, per evitare qualsiasi ricontaminazione dei pezzi. Questo accorgimento è ora diventato uno standard di IFP”.
A valle della fase di lavaggio, l’azienda esegue una serie di controlli sui pezzi lavati per garantire la sicurezza del prodotto e dell’utente finale.

Conclusioni

L’azienda bresciana investe in ricerca &sviluppo mediamente dall’8 al 10% del proprio fatturato ogni anno, da 25 anni a questa parte: si tratta di un investimento in parte destinato allo sviluppo di nuovi macchinari e materiali per il miglioramento della qualità produttiva, in parte è destinato a quello che Massimo Dora definisce “l’intangibile”, cioè tutto ciò che non offre risultati pratici immediati, come la valorizzazione delle competenze interne, ma che rappresenta quel valore aggiunto in grado di trasformare una piccola azienda in una grande realtà industriale di successo. Imparare a progettare e gestire la propria produzione, sviscerandola nei più piccoli ingranaggi e saper riconoscere l’efficacia produttiva di operazioni di competenza non propria sono due garanzie ulteriori della buona riuscita del proprio investimento. E i risultati sono chiari a tutti.

Cosa dicono di noi sulle testate di settore

Di seguito alcuni articoli, realizzati da nostri clienti, in cui vengono descritte le caratteristiche delle loro attività e come l’utilizzo dei nostri impianti di lavaggio sottovuoto contribuiscono alla realizzazione qualitativa dei loro prodotti.